Mastoplastica additiva

La mastoplastica additiva e’ un intervento ormai conosciuto e molto diffuso. Oggi la definizione dell’intervento è assoutamente personalizzata, e durante una valutazione accurata si definiscono i desideri della Paziente, si esplorano le possibilità chirurgiche e si definiscono gli obiettivi dell’intervento.

Semplificando , ma non troppo, l’intervento prevede il posizionamento di una protesi opportuna in uno spazio, o tasca, che viene creato dal Chirurgo.

La tecnica ed i materiali si sono affinati nel tempo, consentendo sicurezza e risultati estetici assolutamente significativi, con protesi di misure e forme tali da consentire la programmazione e la definizione del risultato definitivo con estrema precisione.

La sede della tasca

La sede della tasca, cioè dello spazio in cui viene posizionata la protesi. Può essere sottoghiandolare o sottomuscolare. Durante l’intervento in pratica creiamo uno spazio all’interno del quale posizioniamo la nostra protesi. Questo spazio viene creato o dietro la ghiandola al di sopra del muscolo oppure dietro il muscolo pettorale. Mettere la protesi dietro al muscolo ha l’obiettivo di proteggerla, di renderla meno evidente soprattutto a livello dei quadranti superiori.

Oggi la tendenza e’ quella di posizionare la protesi sottomuscolare con tecnica dual plane (vedi sotto), tuttavia se la situazione di partenza e’ quella di una ghiandola e di un sottocutaneo ben rappresentati si può assolutamente mettere la protesi dietro alla ghiandola. Entrambe le tasche, sotto o retroghiandolare e sottomuscolare, hanno dei vantaggi e degli svantaggi.

Se mettiamo la protesi dietro alla ghiandola la protesi sarà senza dubbio più avvertibile, ma questo solo se la situazione di partenza e’ quella di una ghiandola scarsamente rappresentata, piccola. Se hai un seno della seconda – per rendere l’idea- hai già tessuto sufficiente per valutare il posizionamento sotto ghiandolare. La tecnica dual plane consente di mettere la protesi al disotto del muscolo pettorale nella parte superiore, per renderla coperta e meno evidente proprio dove lo sarebbe di più. Il muscolo viene inciso secondo una linea programmata preoperatoriamente in base alla situazione di partenza e al risultato da ottenere, e viene ricoperto dalla protesi nella parte inferiore.

Questa tecnica con le sue varianti è oggi la più diffusa, ed è la scelta obbligata per quelle pazienti che hanno un seno molto piccolo e un sottocutaneo molto poco rappresentato. Da un punto di vista tecnico è la vera novità nel campo della mastoplastica additiva, oltre naturalmente all’evoluzione delle qualità delle protesi.

La via d’accesso

La via d’accesso, cioè il punto che si decide di incidere per andare a posizionare la nostra protesi. Possiamo utilizzare tre vie: – la via transascellare – la via periareolare – il solco sotto mammario. Possiamo subito dire che se tu cicatrizzi bene la tua cicatrice sara’ buona , ovunque si vada a farla, mentre se sai di cicatrizzare male con ipertrofia o cheloide o altro ci si deve comunque aspettare una cicatrizzazione non ottimale, anche in questo caso indipendentemente dalla sede. Analizziamo i tre accessi in maniera più specifica.

La via d’accesso ascellare lascia il seno libero da cicatrici, ha l’indubbio vantaggio di consentire il posizionamento della protesi senza toccare la ghiandola, perché vi si passa sotto. Ottima per il posizionamento retroghiandolare non ha oggi molta fortuna perche’ la diffusione della tecnica dual plane ha di fatto reso impraticabile questa via. Attualmente le tecniche endoscopiche consentono tuttavia anche l’utilizzo della via ascellare. Con questa metodica infatti riusciamo a eseguire perfettamente il posizionamento dual plane della protesi incidendo il muscolo in maniera ottimale ed eseguendo una emostasi perfetta.

Devi però considerare, se sai di cicatrizzare male, che l’ascella e’ un punto che in estate risulta piuttosto visibile. La via periareolare inferiore è la più utilizzata in caso di posizionamento retro ghiandolare della protesi, consente una ottima visibilità della tasca e un ottimo controllo del sanguinamento. Ha il grande vantaggio, nei soggetti che hanno una cicatrizzazione imperfetta, di poter essere corretta con un tatuaggio del colore dell’areola mammaria mascherando eventuali allargamenti o depigmentazioni. Unico inconveniente rende meno preciso il confezionamento della tasca nella tecnica dual plane poiché bisogna incidere la ghiandola per via obliqua e questo fattore può incidere sulla simmetria in caso di retrazione cicatriziale non ottimale.

L’incisione al solco sotto mammario è l’incisione piu’ usata per la tecnica dual plane, consente un’ottima definizione della tasca, un ottimo controllo delle emorragie. Ha lo svantaggio di essere in una zona dinamica, ovvero soggetta al movimento della protesi che fisiologicamente si assesterà verso il basso portando spesso la cicatrice a salire e posizionarsi sul cono mammario inferiore.

Il tipo di protesi

Il tipo di protesi. Se da un punto di vista tecnico, al di la del posizionamento dual plane della protesi, non ci sono state rivoluzioni in questo intervento, dobbiamo dire che i materiali hanno subito una forte evoluzione. Esistono protesi di varie forme, altezze, larghezze e proiezioni che variano solo di pochi mm. E ciò ha cambiato i concetti di questa chirurgia per cui non ha più senso ne richiedere ne proporre la seconda, la terza, la quarta e così via.

La programmazione dell’intervento assume veramente un posto fondamentale per valutare le varie protesi, discutere le varie possibilità con la paziente e quindi ottenere un risultato davvero “tailor-made”, sartoriale. Esistono vari tipi di protesi che differiscono per aspetti tecnologici più o meno significativi, come l’ involucro a stampo o in bagno di sale, il tipo di gel, oltreché le varie forme e proiezioni. Qui in studio ne abbiamo un po’, di varia qualita’, e quando le toccherai  non sentirai  differenza, ma la differenza esiste.

Diciamo che possiamo rapportarci alle auto, dove ci sono varie marche, le Fiat, le BMW, le Ferrari. Possiamo andare ovunque con una Fiat, e la Ferrari in realtà non serve, ma tutti la vorrebbero. L’importante nel nostro campo e’ avere materiali di grande qualità, per ogni intervento e soprattutto per la mastoplastica additiva. Tutte voi sapete la storia delle protesi PIP di cui non voglio entrare nel dettaglio ma questo ci obbliga ad una attenzione maniacale sulle protesi, pertanto nella nostra pratica chirurgica utilizziamo solo protesi di gamma alta o altissima.

Differisce il prezzo ovviamente, e dopo le debite analisi e spiegazioni che riguardano gli aspetti tecnici di costruzione e i reali risvolti clinici – cioè quanto questa differenza di qualità sia percepibile all’atto pratico anche in termini di possibili complicanze- e’ sempre la paziente a decidere perché noi possiamo spiegare e consigliare, ma la scelta finale – sempre tra ottimi materiali- spetta a voi.

L’intervento è ben codificato, e le complicanze sono di due tipi:

Generiche

Generiche, e cioè quelle legate all’utilizzo del bisturi come cicatrizzazione anomala, ipertrofica o cheloide, seroma, disestesie cioè “scossette” episodiche intorno alla cicatrice, infezioni della ferita, e anche ematoma. L’ematoma è una raccolta di sangue che si forma intorno alla protesi, e’ la più comune di questi eventi, comunque rari, e va trattato presto tramite un re-intervento in cui si arresta l’eventuale sanguinamento, si pulisce tutta l’area e si risuturerà la ferita.

Specifiche di questo intervento

Specifiche di questo intervento, ovvero la retrazione capsulare. Quando inseriamo la protesi, nel tempo il corpo forma intorno ad essa una sottilissima capsula, e questo e’ normale ed anche utile. Talvolta, in 1-5 casi su 100, questa capsula si ispessisce, si irrigidisce, si retrae dando quell’effetto che avete sicuramente visto al mare quando si nota una ragazza sdraiata sulla schiena con i seni rigidi e innaturali. Non dipende dal chirurgo, non dipende dalla tecnica, non dipende dal tipo di sutura. Accade per una anomala reazione del paziente alla protesi.  Esistono diversi gradi di contrattura, alcuni si risolvono con un massaggio particolare che si dice “squeezing” e che si esegue in sedazione con l’obiettivo di rompere i margini di questa capsula. Ma in alcuni casi si deve rioperare. Ora, non si può avere garanzia che questa retrazione capsulare non avvenga e neanche che dopo la sostituzione non si ripresenti. Il nostro protocollo prevede in prima istanza la sostituzione della protesi, in seconda istanza la sostituzione con protesi in poliuretano, in terza istanza la rimozione bilaterale. Ma ancora prima prevede la massima, estrema cura in ogni passaggio dell’intervento.

LA MASTOPLASTICA ADDITIVA IN POCHI PASSI

Incisione: secondo schema (periareolare inferiore, solco sottomammario, ascellare)

Durata: 60-120 Anestesia: locale + sedazione Degenza: ambulatoriale